Mindfulness: Attenzione e Regolazione Emotiva

L’attenzione può essere considerata come un sistema di aree anatomiche organizzate in tre principali networks che svolgono funzioni di allerta, di orientamento e di monitoraggio/risoluzione del conflitto (controllo esecutivo). Il sistema di allerta serve a raggiungere e mantenere uno stato di vigilanza rispetto agli input che potrebbero presentarsi e di prontezza nell’elaborarli e rispondergli, quello di orientamento a dirigere l’attenzione su un sottoinsieme di input tra quelli presenti, quello dell’attenzione esecutiva a monitorare il conflitto e stabilire priorità tra stimoli concorrenti (Posner et. al. 2014). Il network dell’attenzione esecutiva è implicato con i circuiti cerebrali dell’autoregolazione, in particolare con la corteccia cingolata anteriore (ACC) e con l’adiacente corteccia prefrontale mediale (mPFC). Il giro cingolato anteriore svolge una varietà di funzioni specifiche collegate all’autoregolazione: il monitoraggio del conflitto , il controllo della memoria di lavoro, la regolazione emotiva e la risposta all’errore. Il cingolato anteriore interagisce con la corteccia orbitofrontale e l’amigdala che regola la nostra risposta emotiva agli input (Tang Y.Y. e Tang R. 2015).

La ricerca ha dimostrato che il network dell’attenzione esecutiva è fortemente coinvolto nelle pratiche di mindfulness, in cui il controllo attentivo è necessario per rimanere impegnati nella pratica.

“Sembra che la meditazione, o meglio diversi aspetti di essa, portino a modificazioni delle attività e della struttura di insiemi di aree cerebrali interagenti, ovvero di networks o sistemi funzionali, piuttosto che di una singola area-chiave o al contrario di un vasto insieme indifferenziato di regioni cerebrali” (Raffone A.2015).

L’attenzione e la consapevolezza durante la meditazione aumentano il funzionamento delle aree cerebrali sia a livello corticale che sottocorticale, comprese quelle connesse al controllo dell’attenzione come il cingolo anteriore e la corteccia prefrontale dorso-laterale. Tang Y.Y. et.al. (2007), in uno strudio che ha coinvolto 80 studenti universitari cinesi, divisi in modo random in un gruppo sperimentale ed uno di controllo, hanno evidenziato che 5 soli giorni di pratica meditativa (20 minuti al giorno) conducono a modificazioni del controllo attentivo, della risposta fisiologica allo stress e dell’attività del sistema immunitario. Le misure utilizzate sono state: L’Attention Network Test (ANT) (De Snneville, 2005), le Matrici di Raven (Raven J.C., 1938), il Profile of Mood States (POMOS) (Shacham, S., 1983) e misurazioni del cortisolo salivare, in una situazione di stress indotto attraverso la richiesta di calcoli matematici in breve tempo. I risultati dell’ANT e delle Matrici vanno nella direzione di un miglioramento dell’attenzione esecutiva nel gruppo sperimentale, i risultati del POMOS evidenziano un aumento delle emozioni positive ed una diminuzione di quelle negative, i risultati delle misurazioni del cortisolo indicano una migliore reazione allo stress nel gruppo sperimentale.

Amishi P. et. al. (2007), partendo dall’assunto secondo cui la Mindfulness consiste nel porre attenzione al momento presente, hanno investigato l’ipotesi che un training di mindfulness avrebbe migliorato alcuni aspetti specifici dell’attenzione. A tal fine, hanno formato tre gruppi: uno di persone che non si erano mai accostate alle pratiche meditative a cui non è stato proposto alcun training (N=17 con età media di 22 anni con DS 2,3), uno di persone che non si erano mai accostate alle pratiche meditative a cui è stato proposto un MBSR (N=17 con età media di 24 anni e DS 2,5), ed uno di persone esperte in tecniche di meditazione a cui è stato proposto un ritiro intensivo di Mindfulness della durata di 1 mese (N=17 tra i 22 e i 57 anni con età media 35 e DS 12,5). Lo strumento utilizzato nel pre e post test fu l’Attention Network Test (ANT; De Sonneville, 2005) che andava ad esaminare i sottosistemi dell’attenzione: allerta, orientamento e monitoraggio del conflitto. Al pre-test la performance del gruppo del ritiro fu confrontata con quella del gruppo MBSR e con quella del gruppo di controllo: i partecipanti al gruppo di ritiro dimostrarono di aver migliorato la performance di monitoraggio del conflitto, rispetto agli altri due gruppi. Al post-test (dopo 1 mese di ritiro e dopo 10 giorni dalla fine dell’MBSR) i partecipanti all’MBSR dimostrarono miglioramenti significativi nell’orientamento rispetto ai partecipanti degli altri due gruppi, mentre i partecipanti al gruppo di ritiro dimostrarono una modificazione nell’ allerta, con un miglioramento nella rilevazione degli stimoli, rispetto agli altri due gruppi. I due gruppi non mostrarono differenze nella performance di monitoraggio del conflitto al follow up. Gli autori conclusero che un training di mindfulness fosse in grado di aumentare l’attenzione, attraverso il miglioramento delle sue sotto componenti specifiche.  

Studi di neuroimaginig mostrano che l’attenzione e la presa di decisione esecutiva sono collegate all’attivazione della corteccia prefrontale dorso-laterale e diversi studi hanno dimostrato che la pratica meditativa conduce ad un ispessimento corticale in questa area, come risultato di un suo maggiore utilizzo, oltre che ad una maggiore attivazione della corteccia cingolata anteriore, che ha un ruolo importante nell’integrazione di attenzione, motivazione e controllo motorio (Treadway M.T. e Lazar S.W. in Didonna 2012). Come spiega il professor Raffone (Raffone A. 2010), la regolazione dell’attenzione è un elemento centrale di diversi metodi di meditazione. Rispetto alla direzione dei processi attentivi, le pratiche di meditazione possono essere classificati in due tipologie: pratiche di attenzione focalizzata (FA) in cui l’attenzione è diretta ad un oggetto particolare (respiro, sensazioni corporee, suoni…) e pratiche di monitoraggio aperto (OM) in cui l’attenzione monitora tutto ciò che si presenta nel campo della coscienza momento dopo momento, compresi i contenuti mentali, senza soffermarsi su alcuno di essi. Le pratiche di attenzione focalizzata, implicano l’abilità di monitorare il focus dell’attenzione sull’oggetto, di rilevare la distrazione, di disimpegnare l’attenzione dalla fonte di distrazione e di ri-dirigere l’attenzione sull’oggetto. La pratica di monitoraggio aperto, coltiva un tipo di attenzione riflessiva associata ad una coscienza più vivida e più ricca degli aspetti di ogni esperienza e migliora le capacità metacognitive e di autoregolazione. Amishi P. et. al. (2007) ipotizzano che le pratiche FA, che chiamano in gioco i sistemi di orientamento e conflitto, si colleghino all’attivazione del sistema dorsale, mentre quelle OM che chiamano in gioco il sistema di allerta, si colleghino all’attivazione del sistema ventrale.

Bishop e colleghi (2004) hanno proposto un modello secondo cui la regolazione attentiva sarebbe coinvolta a quattro livelli nella pratica della mindfulness: la regolazione dell’attenzione sostenuta, per mantenere la consapevolezza dell’esperienza nel momento presente; lo switching attenzionale, per permettere il ritorno dell’attenzione al momento presente dopo una distrazione; l’inibizione del processo elaborativo, per evitare di rimuginare o ruminare; l’attenzione non direzionata, per migliorare l’attenzione all’esperienza presente al di là di ipotesi o aspettative. Per questo “la mindfulness può essere definita, in parte, come l’autoregolazione dell’attenzione, che prevede l’attenzione sostenuta, lo switching attentivo el’inibizione del processo elaborativo. In questo contesto, la mindfulness può essere considerata come un’abilità metacognitiva” (Bishop et. al. 2004).

Quindi la mindfulness può essere considerata una strategia regolatoria nelle due direzioni: top-down (funzioni esecutive collegate con la corteccia prefrontale) e bottom-up (eccitazione emotiva collegata con le regioni sotto-corticali come ad esempio l’amigdala) (Zelazo e Lyons, 2012).

Bibliografia:

AmishiP., Krompinger Jason, Baime M.J. (2007) Mindfulness training modifies subsystems of attention Cognitive, Affective, & Behavioral Neuroscience 7 (2), 109-119. 

Bishop Scott.R., Lau M., Shapiro S., Carlson L., Anderson N.D., Carmody J., Segal Z.V., Abbey S., Speca M., Velting D., Devins G. (2004) Mindfulness: A Proposed Operational Definition Clinical Psychology: Scence and Pratice, 11, 230-241. 

Posner, M. I., Rothbart, M. K., & Rueda, M. R. (2014). Developing attention and self-regulation in childhood. The Oxford Handbook of Attention Edited by Anna C. (Kia) Nobre and Sabine Kastner.

Raffone Antonino, Narayanan Srinivasan (2010) The exploration of meditation in the neuroscience of attention and consciousness, Cogn Process 11:1–7. 

Raffone Antonino (2015) Introduzione alle neuroscienze della meditazione buddista http://www.santacittarama.org. 

Tang, Y.Y. et al. (2007). Short-term meditation training improves attention and selfregulation. Proceedings of the National Academy of Sciences USA, 104, 17152–17156. 

Tang Yi-Yuan and Tang Rongxiang (2015) Mindfulness Meditation — A New Preventive Intervention for ADHD ADHD – New Directions in Diagnosis and Treatment Cap. 13 pag. 293301, http://dx.doi.org/10.5772/61213. 

Treadway M.T. e Lazar S.W. Neurobiologia della Mindfulness in Didonna 2009 pag.104. 

Zelazo, P. D., Lyons, K. E. (2012). The potential benefits of mindfulness training in early childhood: A developmental social cognitive neuroscience perspective. Child Development Perspectives, 6(2), 154–160. In Thierry Karen L., Bryant Heather L., Speegle Nobles Sandra & Norris Karen S. (2016) Two-Year Impact of a Mindfulness-Based Program on Preschoolers’ Self-Regulation and Academic Performance EARLY EDUCATION AND DEVELOPMENT 2016, VOL. 27, NO. 6, 805–821.

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