L’autostima può essere intesa come “essere giudici di se stessi”. Valutiamo il nostro comportamento e i nostri risultati e ci apprezziamo o disprezziamo.

L’alta autostima è una fonte di piacere aggiuntivo che ci regaliamo quando siamo soddisfatti per come stiamo portando avanti la nostra vita. Quando i progetti vanno in porto, raggiungiamo i nostri obiettivi, le relazioni sono appaganti, la vita quotidiana è piena di emozioni positive. Quando le nostre scelte sono in linea coi nostri valori e la realtà è fantastica…La bassa autostima è una fonte di dolore non necessario che si aggiunge a quello inevitabile connesso al fallimento dei nostri scopi o alla mancata realizzazione dei nostri desideri o a componenti più o meno ampie di delusione nei nostri rapporti interpersonali. Quando le nostre scelte sono scarsamente consapevoli e le nostre peggiori fantasie sembrano realizzarsi…
La mente umana è impostata per giudicare. Questo ha avuto un senso evoluzionistico fondamentale, ci ha permesso di distinguere gli amici dai nemici e con ciò di sopravvivere fino ad oggi. La nostra educazione e la formazione della personalità si fondano su questa “mente giudicante” che aiuta il bambino a distinguere il bene dal male, il pericolo dalla sicurezza, e via così. Solo che nel tempo perdiamo la misura e impariamo a confondere i nostri comportamenti più o meno efficaci, soddisfacenti, adeguati, buoni, rispettosi col senso del nostro valore personale. Associamo i risultati alla persona. E questo mina l’autostima, quando i risultati non sono sempre corrispondenti ai nostri desideri e aspettative.
Direttamente o indirettamente, ogni lavoro su di sè, in termini di crescita personale o come cura di una sintomatologia psicopatologica o cura di una sofferenza relazionale, coinvolge i processi della stima di sè.
Mentre la persona cerca di risolvere i suoi problemi interiori ed esteriori e di appianare i suoi conflitti interpersonali, l’autostima può essere sostenuta e regolata in due modi fondamentali:
1. Sviluppando consapevolezza del proprio funzionamento attuale e della propria storia di vita, acquisendo strumenti per il proprio cambiamento, per realizzare il più possibile i propri scopi e una vita orientata dai propri valori.
2. Imparando ad essere “meno feroci e più benevoli” con se stessi, anche quando lo cose non vanno al meglio, imparando a non mettere il dito nella piaga della sofferenza già esistente, a distinguere gli eventuali fallimenti o delusioni in certi ambiti di vita dal valore di sè come persona, che prescinde dai risultati più o meno soddisfacenti.
Per trasformare un sentire profondo, “scritto” nel corpo e narrato finalmente in modo nuovo: per passare dal “non sono come dovrei essere” al “VADO BENE COSI’ COME SONO!!!”.

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