Sovrappeso e Obesità: l’Epidemia del Nuovo Millennio

All’inizio del XXI secolo, l’obesità ha assunto le caratteristiche di un’epidemia esplosiva, tanto che nel 2001, in un rapporto dell’OMS, per la prima volta viene coniato il termine “globesity“, dall’unione di due parole: global obesity.

L’eccessivo aumento del peso corporeo rappresenta un grave pericolo per la salute pubblica: riduce l’aspettativa di vita, aumenta il rischio di molte patologie, grava sulle economie sanitarie nazionali. In particolare, nelle società più ricche, si osserva una prevalenza dell’eccesso di peso negli strati socioeconomici più bassi e in età avanzata.

Un dato inquitante è l’aumento di sovrappeso e obesità in età evolutiva e adolescenziale. Secondo alcuni studi la metà dei bambini in sovrappeso lo sarà anche in età adulta. La prevalenza e la gravità dell’obesità in questa fascia di età è tale che, in diverse nazioni, il numero di ragazzi affetti da diabete di tipo 2 (insulino-indipendente, collegato all’eccesso di peso corporeo) supera di gran lunga quello degli adolescenti con diabete di tipo 1 (insulino-dipendente).

Non esiste una sola causa alla base di questo fenomeno, l’obesità, infatti, è una patologia a genesi multifattoriale. Gli elementi che entrano in gioco cono variegati e includono il profilo genetico e le caratteristiche ambientali, i difetti metabolici, lo stile di vita, le condizioni socio economiche, le scelte alimentari, il modo di alimentarsi che in alcuni casi sfocia in veri e propri stati psicopatologici. Con l’aumento del peso corporeo emergono, inoltre, molte problematiche psicologiche legate soprattutto all’immagine corporea negativa come conseguenza di un un ambiente sociale che esercita una forte discriminazione nei confronti delle persone affette da obesità.

Nell’era preindustriale, l’opulenza delle forme, soprattutto femminili, rappresentava ricchezza e buona salute. Al contrario, nelle società moderne dell’iperconsumo il grasso è considerato indice di scarsa forza di volontà, di pigrizia, di debolezza morale, mentre la magrezza è diventata un segno di distinzione sociale.

Come affrontare il problema? La perdita di peso impone sempre l’istituzione di un bilancio energetico negativo: introdurre meno calorie di quelle che si bruciano. Tuttavia la sola dieta non basta. Il trattamento del sovrappeso e dell’obesità deve assumere una connotazione multidisciplinare che vede affiancati psicoterapeuti, nutrizionisti/dietisti e medici. L’intervento è quindi di natura psicoterapeutica perchè è diretto a modificare in maniera permanente le abitudini, gli stili di vita, i processi mentali, gli equilibri familiari e sociali. Nel successo o nell’insuccesso della terapia entrano in gioco fortemente le caratteristiche emotive e comportamentali dell’individuo. La mancanza di strategie per far fronte alle situazioni ad alto rischio che portano a mangiare in eccesso, l’utilizzo del cibo per gestire le emozioni (rabbia, tristezza, noia), il mancato raggiungimento degli obiettivi di peso corporeo (che spesso coincidono con i desideri dell’individuo, es. trovare lavoro o un partner) possono portare all’abbandono del programma con conseguente recupero del peso.

Tuttavia è importante non perdere di vista un concetto fondamentale: mangiare è un piacere della vita. Un concetto che a prima vita appare banale e scontato, ma che non lo è quando parliamo di perdita di peso. La parola dieta riporta immediatamente all’idea di privazione e rinuncia che rende il cambiamento difficile e demotivante. Dunque nessun cibo va demonizzato, ma è necessaria una rieducazione ad un’alimentazione corretta. Il cibo ricorda l’amore, la mamma e il suo abbraccio rassicurante e spesso assume una capacità consolatoria straordinaria che colma il vuoto e anestetizza le emozioni. Il primo passo è rieducare la persona ad ascoltarci e poi man mano guidarla in scelte più consapevoli e salutari.

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