Ansia e Attacchi di Panico

L’ansia

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da cui tutti, chi più chi meno, prima o poi, siamo assaliti, è una forma di auto-tortura, il segnale di un blocco profondo che ingabbia la nostra esistenza. L’ansia, nelle sue varie forme, è un segnale che richiama l’attenzione sul modo in cui stiamo conducendo la nostra vita. L’ansia segnala che stiamo fuggendo da noi stessi. L’ansia segnala che la persona ha incanalato la sua energia vitale in percorsi obbligati legati al “dover essere” e lontani da un reale contatto coi propri bisogni. da cui tutti, chi più chi meno, prima o poi, siamo assaliti, è una forma di auto-tortura, il segnale di un blocco profondo che ingabbia la nostra esistenza. L’ansia, nelle sue varie forme, è un segnale che richiama l’attenzione sul modo in cui stiamo conducendo la nostra vita. L’ansia segnala che stiamo fuggendo da noi stessi. L’ansia segnala che la persona ha incanalato la sua energia vitale in percorsi obbligati legati al “dover essere” e lontani da un reale contatto coi propri bisogni.

L’ansia è un segnale che invita ad andare oltre le proprie maschere per mettersi in contatto con la propria autenticità ovvero chiama la persona a confrontarsi con le sue scelte, con le sue ripetitività fonte di sofferenza, con la sua emotività compressa che chiede d’essere ascoltata.

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L’ansia è un invito all’ascolto di sé, a prendere confidenza con i propri stati d’animo e con le proprie emozioni come richiami ai bisogni, ai desideri, alla vitalità inespressa, al piacere, alla spontaneità.

L’ansia lascia intravedere la possibilità di un altro sé, tutto da costruire. L’ansia è un invito a cambiare, a rinnovarsi, a distaccarsi da vecchie abitudini e modalità.

L’ansia esprime la paura di vivere “pericolosamente” ed è un invito a rischiare; ad esplorare territori sconosciuti, a liberarsi da modelli ingabbianti; a tradire, a ribellarsi, ad emanciparsi da vincoli rigidi. A re-inventarsi. A creare una nuova forma di sé e una nuova norma per sé (riscrivere i propri “comandamenti”). A creare uno spazio personale di espressione e creatività in cui costruire continuamente la propria identità in trasformazione ed evoluzione.

Ingredienti tipici, comuni alle varie manifestazioni ansiose:

- La persona percepisce, più o meno consapevolmente, una minaccia nell’ambiente, nella situazione
- La persona si percepisce, più o meno consapevolmente, incapace di fronteggiare efficacemente quell’ambiente o situazione “minacciosi”
- La minaccia esiste rispetto ad uno o più scopi della persona
- Uno scopo è percepito minacciato quando la persona prevede il fallimento nel perseguirlo
- Tanto più è vitale, centrale, importante lo scopo tanto più è intensa l’ansia
- Spesso l’evento che attiva la percezione di uno scopo minacciato è un pensiero o un’immagine interna più che un evento esterno
- La persona è in uno stato di continuo allarme, a volte più acuto, a volte sotterraneo ma sempre presente e disturbante
- La persona è sempre sul chi va là, attento a ogni possibile segnale di minaccia e pericolo, anzi con un’attenzione distorta e focalizzata che finisce per creare una profezia che si auto-avvera: chi cerca trova...
- Ogni forma di rassicurazione viene sottovalutata e respinta
- La persona progressivamente evita ogni situazione che anche lontanamente può avvicinarsi ad una percezione di minaccia e alimenta un circolo vizioso: ha paura di qualcosa che non conosce e più la evita più non la conosce più aumenta l’ansia
- La persona sente confermate le posizioni/convinzioni di partenza: il mondo è pericoloso e io sono incapace di affrontarlo e padroneggiarlo

In terapia,

la persona viene aiutata a trovare un rapporto più sano e utile con le richieste del vivere quotidiano. In alcuni casi questo obiettivo si può realizzare con “piccoli” cambiamenti di abitudini, come ad esempio organizzare il proprio tempo in modo diverso dal passato trovando un nuovo equilibrio rispetto alle attività fondamentali. In altre situazioni, per ridurre l’ansia e trovare sollievo dal peso delle richieste quotidiane, la persona deve imparare a sviluppare un nuovo dialogo con sé stessa, meno severo nelle eccessive richieste di cui si carica, più flessibile rispetto ai modi per portare avanti gli impegni quotidiani. Ad esempio, la persona impara a fare le cose “sufficientemente” bene invece che doverle fare necessariamente perfette. O anche la persona impara a chiedere aiuto e a condividere certe incombenze, o anche impara a dire di no a qualcuno o per qualcosa. Molte volte succede, invece, che lo stress e l’ansia legati alle richieste del vivere conducono la persona a confrontarsi con aspetti di sé molto profondi, con i suoi modi d’essere che ha costruito da tempo e consolidato nel corso degli anni. L’ansia diventa allora, paradossalmente, un alleato per la persona, il canale di accesso ai meccanismi interni più importanti che generano la sofferenza attuale e che possono essere “rivisitati” per diventare fonte di benessere e trasformazione.

Psychologist and patient talking during therapy session

Alcuni degli aspetti su cui si lavora in terapia:

Il meccanismo alla base dell’ansia prodotta dai pensieri spesso è lo scappare della mente nel passato o nel futuro: stiamo proiettando qualcosa di passato o di futuro sul presente!

 

In quei momenti, è utile farsi alcune domande:

- QUESTO MOMENTO È COSI’ BRUTTO?
- IN QUESTO MOMENTO COSA C’E’ DI TERRIBILE, DI SPAVENTOSO?
- SE GUARDO QUESTO MOMENTO, C’E’ DA AVERE PAURA?

La bella notizia è 

che il presente è tutto ciò che esiste!

Noi esistiamo solo nel momento presente, un momento alla volta, la nostra vita è una sequenza di attimi… è sempre ora!

Visita anche la pagina Mindfulness

Gli Attacchi di Panico​

Gli attacchi di panico sono manifestazioni estremamente diffuse a livello sociale. La persona che soffre di panico vive un’esperienza soggettiva devastante dal punto di vista psicologico e fisico. L’attacco di panico si è presentato come paura di morire, di perdere il controllo, di impazzire, di non essere più se stessi. Successivamente al primo (a volte unico) attacco di panico, la persona comincia ad aver paura di risperimentare quella paura originale e finisce per organizzare il suo comportamento intorno a massicci e progressivi evitamenti di situazioni, luoghi, persone. La vita diventa estremamente limitata e insoddisfacente. La depressione fa capolino per lo stravolgimento di vita che la persona subisce. La persona assediata dal panico ha una visione del mondo come pericoloso e un senso di sé come debole e incapace di affrontare le potenziali esperienze minacciose; focalizza e ingigantisce esperienze e scenari catastrofici immaginati, ha difficoltà a dare la giusta rilevanza alle esperienze che vanno in una direzione contraria al pericolo.

Man with hands on the face and expression of panic
young woman sitting on floor at home and suffering from panic attack

Tipicamente il panicato manifesta un certo grado di incapacità a “leggere” le proprie emozioni; in particolare, le sensazioni fisiologiche dell’emozione “paura” (tachicardia, sudorazione eccessiva, rossore, tremori, mancanza d’aria, ecc.) le interpreta in modo distorto: non come segnali del timore che qualcosa accada, ma come prova che tale terribile minaccia sia proprio in corso. In tale quadro, la persona avvolta e stesa dal panico interpreta come gravemente minaccioso per la propria sopravvivenza ogni evento o stimolo in grado di attivare il funzionamento neurovegetativo. Mantiene un’osservazione ossessiva di controllo sulle proprie sensazioni fisiche e psichiche e interpreta ogni movimento interno ed esterno come minaccia potenziale.

La persona panicata adotta comportamenti che ricercano rassicurazione e di fatto finiscono per alimentare il vissuto di insicurezza e le credenze di auto-svalutazione e vulnerabilità di fronte a qualcosa di insormontabile. Ogni tentativo di raccogliere fonti di sicurezza esterne finisce per confermare un vissuto di sé incapace di governare da solo il proprio stato, la propria vita.

La persona in preda al panico, con l’obiettivo di non risperimentare la paura di perdere il controllo e morire, organizza la sua vita sull’evitamento. Ma ciò non garantisce di fatto una sensazione di reale rassicurazione (nucleo centrale dell’ansia patologica rispetto all’ansia “normale” in cui la persona riesce a trovare e utilizzare fonti di rassicurazione) e finisce solo per restringere il proprio spazio vitale ed espressivo.



In terapia,

può aiutare la persona a cercare qualcosa di più del pur legittimo desiderio di eliminare il sintomo. La persona può essere guidata a superare la cura del sintomo per imparare prendersi cura di sé, non solo eliminare il disagio e la limitazione, ma farsi carico in toto delle proprie angosce quotidiane, di come si sta affrontando la vita, di quali scelte stanno determinando il proprio malessere e di quali altre possibilità ci sono per creare una vita veramente calata sui propri bisogni e valori.

È possibile allora portare il paziente a sviluppare ed elaborare una lettura diversa sul senso dell’esperienza panico. Un modello di lettura simbolico-relazionale-esistenziale valido per gli attacchi di panico e, più in generale, per le forme del mal-essere psichico.

L’attacco di panico, così come ansia e depressione, altre etichette diagnostiche di cui si fa un ab-uso “troppo generalizzato e generico” (dagli studi dei medici di base fino alla diffusione nei mass media), richiamano l’importanza di un atteggiamento di decodifica del “messaggio espresso dai sintomi”. Sono segnali del mal-essere di una persona, espressioni del suo modo di condurre la vita di sofferenza, disagio, limitazione e perdita di creatività e vitalità.

L’attivazione fisiologica del sistema nervoso autonomo ha un corrispettivo specifico nella formazione dei sintomi che appartengono all’esperienza (sensazioni soggettive vissute) del panico e questi appaiono fenomeni simbolici rispetto al mondo affettivo e relazionale della persona.

Il messaggio “esistenziale” fondamentale del mal-essere è: “guarda che qualcosa nella tua vita non va, qualcosa nella tua vita va messo in discussione, qualcosa nella tua vita va modificato”.

Il panico segnala ed esprime una crisi del proprio modo abituale di essere, di stare al mondo e nelle relazioni, richiama alla necessità di un superamento di sé; quindi, invita a seguire le opportunità che la crisi contiene, gli elementi di “rottura” per “re-impostare” la direzione della propria vita.

Il panico è un richiamo alla propria liberazione: inizialmente può sembrare solo portatore di sofferenza, di fatto offre l’indicazione di una o più strade percorribili verso un rinnovato ben-essere, per uscire fuori da gabbie e prigioni auto-imposte, oltre vecchie norme e forme di sé, oltre vecchi ruoli, oltre vecchi imperativi interiorizzati sul dover essere e dover fare.

Testi a cura del Dott. Lino Fusco.

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